17 Dic L’arte sarà anche bella da toccare?
Sicuramente sai che, spesso, chi lavora nel settore della cultura, della didattica e del turismo ha una grande passione per lo studio, potremmo dire senza esagerare che lo studio diventa un fedele compagno di vita.
Ogni mostra, ogni itinerario diventa un’opportunità per scoprire qualcosa di nuovo e talvolta per approfondire argomenti conosciuti oppure per guardarli da un’altra prospettiva.
Condivido quanto affermava Umberto Eco: “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è una immortalità all’indietro”.
Questa volta ho voluto invertire i giochi, cosa voglio dire?
Te lo spiego molto semplicemente: invece di avventurarmi nella selva di nuovi argomenti di studio, ho deciso che dovevo guardare a ciò che conoscevo in maniera diversa.
A volte infatti una boccata d’aria fresca non ci arriva soltanto dalle novità, ma anche dal modo nuovo con il quale ci approcciamo al mondo che ci circonda.
Come affronta il mondo una persona che non vede? Come percepisce l’arte?
Quest’anno l’assessorato al turismo del Comune di Prato insieme all’associazione italiana ciechi (UICI) sezione di Prato e all’associazione Arcantarte, mi ha offerto un momento di formazione di spessore, il corso “In punta di dita” dedicato alle figure professionali del turismo e della didattica.
Questa collaborazione tra enti pubblici e associazioni ha infatti aperto a chi opera nella didattica e nel turismo, la possibilità di comprendere come vive e come vede l’arte una persona non vedente.
Il corso di formazione si è articolato in sei lezioni in parte in aula, in parte sul territorio pratese per imparare a conoscere questo nuovo modo di guardare.
Il professor Antonio Quatraro, uno degli oratori del corso, ha spiegato che l’inclusione sociale non si pratica da soli, ma gli attori devono essere tanti. In ambito artistico anche chi non vede può fare un passo avanti nell’inclusione sociale.
Pertanto è necessario migliorare la consapevolezza della guida sulla condizione della persona con disabilità visiva.
La guida conduce la visita ed ha una grande influenza sul visitatore. Come spiegare immagini e colori a chi non li percepisce attraverso la vista?
La domanda a questa risposta non è di semplice risoluzione, soprattutto per una società visocentrica come la nostra, dove l’ottanta per cento delle conoscenze è basato proprio sulla vista.
A tal proposito risulta interessante come nella lingua greca antica l’etimologia della parola idea è da ricondursi al greco antico e precisamente nella radice -ἶδ (-id) che ritroviamo nella forma verbale ε-ἶδ-ον (eidon), aoristo del verbo ὁράω (orao = vedere), e nel verbo latino v-id-ere.
Avere un’idea significa quindi avere una visione, un’immagine o una rappresentazione mentale di una realtà esteriore o immaginaria.
La vista è quindi un senso che anticipa e organizza l’oggetto.
Di quale senso si serve chi non vede per crearsi un’immagine degli oggetti?
Sicuramente del tatto, che è un senso estetico diffuso su tutto il corpo, gli altri sensi invece come la vista, l’udito, il gusto sono limitati alla parte superiore del corpo.
Ecco quindi che per i non vedenti si può parlare di esplorazione aptica del mondo, ovvero attraverso il tatto che deve essere educato.
È infatti da sfatare il luogo comune che i non vedenti abbiano il tatto più sviluppato degli altri sensi, il tatto infatti diventa veicolo di conoscenza del mondo, se debitamente educato fin da bambini.
L’esperienza aptica cioè tattile si acquisisce grazie all’esperienza, non è innata.
Del resto Piaget stesso ha affermato che nei bambini la conoscenza si forma attraverso l’esperienza e questo vale per i bambini vedenti e non. E infatti se pensiamo alle nostre esperienze da bambini, sappiamo quanto è stato importante e decisivo interagire con gli oggetti per conoscere il mondo circostante.
Ad un certo punto della crescita sembra invece che il tatto non serva più e che tutto debba essere conosciuto soltanto attraverso la vista!
La vista è un senso anticipatorio che permette di andare dal generale al particolare, il tatto invece parte dal particolare approda al generale.
Facciamo un esempio pratico se noi vediamo un pallone immediatamente lo annoveriamo nella categoria dei palloni da gioco e poi guardiamo l’oggetto nei suoi dettagli particolari. Per chi non vede invece, il pallone è un’astrazione da conquistare, partendo dall’oggetto particolare si approda alla categoria generale.
La nostra cultura deve molto al mondo greco, questo nel bene e nel male. Cosa intendo? Molti sono i legami che abbiamo con il mondo greco antico, questi tuttavia hanno influenzato il nostro modo di pensare e di valutare. Nei dettagli questo implica che nel mondo greco l’esperienza contemplativa è superiore all’esperienza corporea, poiché la corporeità è sede del caos, e pertanto indomabile. Questo vuol dire che la nostra cultura ha sempre giudicato la vista più importante degli altri sensi.
Molte voci della cultura hanno compreso la bellezza che c’è nel toccare un oggetto, tra questi cito un esempio italiano come Maria Montessori che sottolineava quanto fosse rilevante questo aspetto nella formazione del bambino.
Che premessa lunga dirai, forse un po’, tuttavia era necessaria per farti comprendere come alla luce di queste nozioni, mi sono avventurata alla scoperta del Parco Quinto Martini, nel Comune di Carmignano, a Seano in provincia di Prato.
Questa volta la visita guidata non l’ho condotta io, ma mi sono lasciata condurre dai membri dell’Associazione UICI di Prato.
Ho indossato una maschera nera sugli occhi e ho iniziato il viaggio.
Per camminare ho avuto bisogno che un partner privo di maschera mi guidasse e mi segnalasse gli imprevisti di percorso come scalini o asperità del terreno.
Una volta arrivati davanti alla scultura di Quinto Martini, è stato un non vedente a guidare le mie mani per leggere l’immagine che avevo di fronte. Com’è andata? All’inizio non capivo bene cosa rappresentasse la scultura, ed ho capito che dovevo toccare tutto prima di cercare di comprendere, non avevo più la vista a darmi una visione sommaria e complessiva dell’oggetto. D’altro canto è stato illuminante potere toccare i materiali di cui è composta una scultura, sentirne la porosità, il calore, l’irregolarità o l’omogeneità.
La scultura è tridimensionale e la scelta di un materiale a scapito di un altro avrà sicuramente un senso per l’artista che la realizza, non ti pare? Ecco con la vista noi ci perdiamo tutta questa ricchezza ed anche altro.
Purtroppo in molte realtà museali non è possibile una visita tattile delle sculture, in alcune gallerie è possibile farlo servendosi di guanti che impoveriscono notevolmente questa esperienza.
Qualcuno ha mai toccato il David di Michelangelo? Non so darti una risposta al riguardo, posso dirti però che ad Ancona esiste una realtà, il museo Omero, il museo tattile statale, dove è possibile conoscere l’arte attraverso il tatto. Questo museo è nato nel 1985 grazie a due coniugi Daniela Bottegoni e Aldo Grassini, entrambi molto amanti dell’arte, ma limitati nella loro sensibilità dal divieto di toccare che campeggia in molti luoghi.
Il Museo Omero ospita al suo interno 150 opere tra le quali copie in gesso e resina di capolavori classici, modellini architettonici e sculture contemporanee originali.
Si tratta di un nuovo modo di vedere l’arte, reso possibile grazie al coraggio di queste due persone che hanno creduto in questa possibilità e soprattutto in uno spazio senza barriere inclusivo per tutti.
Non è forse un diritto umano quello di accedere ad un luogo come un museo? La strada da percorrere è ancora lunga, ma inizia sempre con un primo passo.
Se ancora non conosci il Parco Quinto Martini, potresti provare con un’esplorazione tattile di questo parco che fu inaugurato nel 1988 quanto l’artista era ancora in vita.
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